L’art. 1 della legge 18/1980 stabilisce testualmente che:
ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie abbiano accertato che si trovano nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua, e concessa un’indennità di accompagnamento.
Punti salienti
Troppo spesso in televisione o in Rete si sente parlare o si leggono termini quali “pensione di accompagnamento” o “assegno di accompagnamento”.
Diciamolo una volta per tutte: il nome corretto della prestazione è solo uno ed è indicato proprio dalla normativa di riferimento citata all’inizio di questo articolo.
Si chiama Indennità di accompagnamento.
Questa tendenza a trovare sinonimi per l’indennità di accompagnamento non fa altro che generare confusione ed incertezza negli utenti che invece cercano ed hanno diritto ad una corretta informazione.
Non c’è da meravigliarsi se ancora in molti oggi confondono l’indennità di accompagnamento con la pensione o l’assegno di invalidità civile che, oltre ad essere prestazioni disciplinate da norme differenti, si differenziano dall’indennità di accompagnamento perché sono soggette al reddito.
Come abbiamo già visto in altre occasioni infatti per ottenere l’assegno e la pensione di invalidità civile è necessario non possedere un reddito superiore ad un determinata soglia.
Mentre ormai sappiamo che il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non è soggetto ad alcun limite di reddito.
Ebbene, questo semplice esempio dimostra come questa prassi ormai consolidata di chiamare l’indennità di accompagnamento in altri modi contribuisca ad indurre in errore coloro che vogliono informarsi e talvolta addirittura a scoraggiare quei soggetti meno intraprendenti di altri che spesso si fermano innanzi alla lettura di una notizia che rischia di compromettere, seppur in modo indiretto, i loro diritti.
Questo articolo si pone come obiettivo quello di fare chiarezza su un aspetto molto delicato ma altrettanto sottovalutato in tutti quegli ambiti in cui sembra non avere importanza.
Spesso sono proprio i media, dalla televisione alla Rete, a parlare di pensione di accompagnamento, assegno di accompagnamento e di altre ingiustificate storpiature di una prestazione che invece è necessario chiamare col proprio nome.
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Ma perché è così importante chiamarla indennità di accompagnamento?
La ragione fondamentale è perché tutti gli altri termini spesso utilizzati per parlarne traggono in errore i cittadini.
Riflettiamo soprattutto sul fatto che da un punto di vista statistico chi si approccia a questo genere di ricerca è molto spesso un soggetto fragile o per l’appunto che vorrebbe saperne di più sugli strumenti di tutela che lo Stato gli offre.
È pertanto evidente come risulti assolutamente non corretto chiamare l’indennità di accompagnamento in altri modi ma soprattutto come una informazione imprecisa o meglio errata possa disorientare ingiustamente proprio quel soggetto fragile che invece dovrebbe ricevere rassicurazione e protezione dei suoi diritti.
Vuoi parlare con un esperto? Vuoi far valutare il tuo caso o avere maggiori informazioni? Scrivici qui.
Nota bene
Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale.
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale.
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