L’algoritmo ed il rider eroe di Verona

La questione del rider eroe di Verona e la recente condanna da parte del Tribunale di Bologna agli algoritmi delle piattaforme di delivery.
L'algoritmo ed il rider eroe di Verona

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L’algoritmo condannato dal Tribunale di Bologna come avrebbe giudicato il gesto del rider eroe di Verona?

Indice

Premessa. La vicenda del rider eroe di Verona.

Con ordinanza del 31 dicembre 2020, a chiusura dell’annus horribilis della pandemia, il Tribunale di Bologna ha condannato una piattaforma di Delivey al risarcimento del danno in favore di alcune sigle sindacali in forza della capacità dell’algoritmo denominato “Frank” di discriminare i lavoratori.

Secondo il Tribunale bolognese, l’algoritmo tendeva ad abbassare il punteggio in modo “cieco”.

L’algoritmo non era stato infatti programmato per valutare le diverse possibili ragioni dell’assenza o dell’inadempimento del lavoratore ai compiti assegnati, limitandosi ad analizzare i dati in quanto tali.

Per l’algoritmo, la mancata consegna trovava giustificazione solo nell’ipotesi di infortunio sul lavoro e di causa imputabile alla piattaforma (es. malfunzionamento dell’app), mentre in qualsiasi altra ipotesi avrebbe comportato una penalizzazione.

Michele Dal Forno è il rider eroe di Verona. Un ragazzo che, mentre faceva consegne per una pizzeria, vista una ragazza in difficoltà ha interrotto la propria attività lavorativa per andare a chiedere se andasse tutto bene.

L’epilogo è noto. Il ragazzo veniva sfregiato in volto da uno dei due ragazzi, che si dava subito alla fuga. L’aggressore, fermato la sera stessa, aveva appena 16 anni ed al momento del fermo aveva in tasca il coltello ancora sporco di sangue.

Per il gesto eroico, la città di Verona ha riconosciuto al rider la medaglia della città, una delle onorificenze più alte. Allo stesso tempo, il datore di lavoro si prodigava per una raccolta fondi in favore del ragazzo.

Ma se al posto del proprietario della pizzeria ci fosse stato un algoritmo?

Come avrebbe letto tale gesto l’algoritmo Frank? L’avrebbe premiato o penalizzato?

Come funzionava l’algoritmo “Frank”?

Premettiamo intanto che:

  • L’algoritmo è uno strumento utilizzato dalle piattaforme per raccogliere e valutare i dati dei rider. L’algoritmo, sulla base di una successione di istruzioni per la lettura dei dati, ne tira fuori una classifica dei “migliori” e dei “peggiori”. Nella pronuncia del Tribunale si è confermato che più il rider seguiva le istruzioni ed era disponibile, più l’algoritmo Frank lo premiava, chiamandolo a lavorare.
  • Il procedimento promosso dai sindacati era finalizzato all’accertamento di una discriminazione (anche solo potenziale) di tale funzionamento dell’algoritmo.
  • Il meccanismo di prenotazione dell’algoritmo Frank, oggetto di condanna, non viene più utilizzato dalla piattaforma di delivery. Infatti, dagli atti del giudizio risulta che dal novembre 2020 la piattaforma di delivery abbia abbandonato tale strumento.

Tuttavia, non potendo avere piena conferma di come operano gli algoritmi utilizzati da altre piattaforme di delivery, per comprendere i riflessi dell’avere come responsabile della gestione del lavoro un algoritmo, mettiamo a confronto la decisione del Tribunale di Bologna e la vicenda del rider di Verona.

La discriminazione del rider ed il peso del punteggio

Il Tribunale di Bologna condannava la piattaforma di delivery sottolinendo come il meccanismo di prenotazione si basasse su una classifica a 3 fasce.

  1. Prima fascia dalle 11:00, con possibilità più ampia per il rider di scegliere gli orari.
  2. Seconda fascia dalle 13:00, con possibilità media per il rider di scegliere gli orari.
  3. Terza fascia dalle 17:00, con la peggiore possibilità per il rider di scegliere gli orari e che, come confermato da alcune testimonianze, comporterebbe il rischio di non riuscire a prendere neanche una consegna.

Secondo il Tribunale di Bologna:

Il rider che aderisce ad uno sciopero, astenendosi dall’attività lavorativa e dunque non partecipando ad una sessione prenotata, verrà inevitabilmente a subire una diminuzione del suo punteggio sotto il profilo della affidabilità, ed eventualmente anche sotto il profilo della partecipazione […]

Trib. Bologna, Sez. Lavoro, Ord. 31 dicembre 2020

Ragione per la quale si confermava la discriminazione indiretta operata dalla piattaforma di delivery.


Secondo il Tribunale di Bologna, un tale meccanismo di ranking cieco è incompatibile con l’esercizio del diritto di sciopero e quindi discriminatorio per i lavoratori scioperanti.

Allo stesso modo, il fatto che l’algoritmo non giustificasse un’assenza dovuta alla malattia o all’improvvisa necessità di assistere un figlio malato, ne confermava ulteriormente la potenziale portata discriminatoria.

Il commento dello Studio

Comprese le motivazioni del Tribunale di Bologna e il funzionamento dell’algoritmo oggetto di accusa, rimane però un dubbio.

Se l’algoritmo giustificava l’inadempimento del rider solo nei casi di malfunzionamento dell’app e/o sinistro stradale, si può concludere che il recente gesto del rider eroe di Verona sarebbe stato oggetto di penalizzazione da parte dell’algoritmo?

La risposta sembra dover essere affermativa.

L’algoritmo tende semplicemente ad aggregare i dati, ma non conosce il valore del simbolismo e dell’etica, a meno che un programmatore lo preveda a monte.

Pertanto, non dovrebbe sorprendere l’eventuale penalizzazione del gesto eroico. Si tratta pur sempre di un comportamento (non calcolato ed) estraneo allo svolgimento del proprio lavoro.

Gli algoritmi ed il senso etico

La circostanza dovrebbe portare quindi a chiedersi se davvero la gestione del lavoro possa delegarsi ad un algoritmo così a cuor leggero, viste le dirompenti conseguenze che potrebbe avere sui lavoratori.

Molti gesti umani, come il prendersi cura di un’improvvisa esigenza di un figlio o il fermarsi a vedere se una persona stia bene, rischierebbero di risultare per l’algoritmo un semplice “malfunzionamento”.

Appare dunque evidente l’esigenza di un controllo preventivo e periodico sul reale funzionamento degli algoritmi.

Durante il recente Festival sui diritti umani, al minuto 19:30 del video di seguito riportato, il filosofo e psicanalista Miguel Benasayag spiega come si dovrebbe riflettere sul fatto che il tempo libero e la vita privata dei lavoratori non possono essere letti come una perdita di tempo. L’essere umano non “perde tempo”, ma “prende il suo tempo”. Vive e non si limita a funzionare. Ed anche questo dovrebbe si dovrebbe spiegare all’algoritmo.

D’altronde, questo ragionamento, troverebbe copertura anche nella previsione dell’art. 22 del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati):

L’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.

Torna alla mente la citazione imputata ad Henry Ford:

perchè ogni volta che chiedo un paio di mani, mi arrivano con attaccate un cervello?

Lavori come rider? Contatta lo studio compilando il form sottostante, e scopri come possiamo aiutarti a supportare i tuoi diritti.


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