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Dal Tribunale di Belluno arriva una nuova conferma di sospensione senza stipendio per gli operatori sanitari no-vax.
Ne avevamo già parlato in precedenza in questo articolo.
Il Tribunale di Belluno conferma la legittimità del recente obbligo di vaccinazione previsto per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali” (art. 4 del d.l. 44 del 1° aprile 2021).
Indice
Alcuni operatori socio-sanitari si sono rifiutati di vaccinarsi contro il Covid-19 e, di conseguenza, il datore di lavoro li ha collocati forzatamente in ferie.
A tale decisione è seguita l’impugnativa d’urgenza dei lavoratori, i quali chiedevano di accertare il loro diritto di scegliere liberamente se vaccinarsi o meno.
Durante la pendenza del giudizio, entrava in vigore il decreto-legge che impone la vaccinazione per gli operatori socio-sanitari.
Il Tribunale di Belluno verificava sin da subito che la domanda mancava di un interesse ad agire meritevole di tutela.
Richiamandosi all’insegnamento della Cassazione[1], il Tribunale confermava come l’interesse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice.
Tuttavia, la domanda degli operatori socio-sanitari non aveva più ragione di essere ulteriormente portata avanti. Secondo il Tribunale, con l’entrata in vigore dell’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari, ogni urgenza era venuta meno.
[1] tra le altre, Cass. Sez. 2 – , sentenza n. 2057 del 24/01/2019
Gli operatori socio-sanitari sollevavano poi questione di legittimità costituzionale in relazione alla presunta violazione dell’art. 32 della Costituzione, nella parte in cui il Decreto Legge impone l’obbligo di vaccinazione.
Come noto, l’art. 32 della Costituzione prevede che
nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
Il Tribunale si richiamava alla pronuncia della Corte Costituzionale[1] espressa sull’obbligo vaccinale contro il morbillo. A tal riguardo, la Corte Costituzionale già si era pronunciata chiarendo come:
l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività (da ultimo sentenza n. 268 del 2017)
Pertanto, secondo la Corte Costituzionale, la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost., a condizione che:
Di conseguenza, in queste ipotesi, la necessaria applicazione dei principi di rilevanza costituzionale lascia spazio alla discrezionalità del legislatore, la quale dev’essere esercitata alla luce delle condizioni sanitarie ed epidemiologiche.
[1] Sentenza n. 5 del 2018 della Corte Costituzionale
Come già avvenuto in precedenza, nei casi dei vaccini contro l’epatite B, antipolio, antidifterica, antitetanica e contro il morbillo, si conferma la compatibilità delle leggi sulle vaccinazioni obbligatorie con l’art. 32 della Costituzione.
Tale legittimità va infatti rintracciata nell’esigenza di tutela della salute pubblica, ferma sempre la necessita di tutelare anche la salute del singolo.
Ma se un sanitario si rifiuta del vaccino deve essere necessariamente sospeso?
La risposta è dipende.
Vediamo il perché.
Nel decreto legge si stabilisce che, in caso di mancata vaccinazione, il datore di lavoro debba prima tentare di adibire il lavoratore a mansioni diverse, anche inferiori (qualora possibile) e che non implichino rischi di diffusione del contagio.
In questo primo caso, la retribuzione sarà parametrata alla mansione inferiore (e quindi ridotta rispetto a quella antecedente).
Diversamente qualora l’assegnazione a mansioni inferiori non sia possibile, il lavoratore rimarrà sospeso dal lavoro senza retribuzione.
La sospensione e la mancata retribuzione dureranno fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
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