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Quando parliamo di caporalato non tutti sappiamo cos’è. Subito la parola ci richiama al mondo agricolo e ai lavoratori migranti, ma questa è solo una parte di un mondo ben più complesso.
In questo articolo vedremo cos’è il caporalato e come si lega ai turni massacranti imposti ai lavoratori impegnati nei supermercati.
Come nel caso dei rider, gli eroi della pandemia più che un santo in paradiso, paiono avere un caporale in casa.
In questo articolo indicheremo gli elementi caratterizzanti del caporalato
Indice
Il caporalato è un crimine.
Un crimine che si realizza nella forma illegale di reclutamento e organizzazione della mano d’opera.
Dei soggetti intermediari assumono lavoratori giornalieri, per conto dell’imprenditore e percependo una “partecipazione” che può definirsi una tangente.
Il caporalato sfrutta un ambito, una nicchia, ove lo Stato è risultato manchevole.
Invero, il caporalato è particolarmente efficace poiché supera l’inefficienza dei normali canali di collocamento, senza tuttavia rispettare le più minime tutele contrattuali usualmente previste dai CCNL.
Da almeno 20 anni il caporalato è uno dei problemi dominanti nelle campagne italiane, ma ora si sta sempre più estendendo in nuovi ambiti, anche digitali.
Sfatiamo un mito, non riguarda solo gli immigrati irregolari, ma riguarda moltissimi italiani.
In particolar modo si verifica come siano soprattutto le donne, poiché valutate più malleabili, con minor pretese. Caporalato a cui si accompagnano anche casi di abusi sessuali.
La cosa più sorprendente è che molte volte i caporali sono imparentati con le vittime. Nel libro “il Lavoro in Nero” di Michele Di Lecce e Corrado Marvasi, edito Maggioli Editore, si legge che
la contiguità residenziale può determinare che vi sia una relazione familiare o di affinità parentale tra caporali e lavoratori. Non sono mancate, al riguardo, giustificazioni portate nelle aule di giustizia dai caporali, fondate proprio sulla relazione parentale.
Allo stesso modo, riguardando gli immigrati irregolari, molti di questi vengono poi formati a diventare caporali a loro volta ed a gestire gruppi di connazionali.
A riprova di quanto detto, la legge sul caporalato nasce a seguito della morte di Paola Clemente, una lavoratrice di 49 anni morta sotto il solo mentre lavorava irregolarmente nei campi di Andria.
La notizia diede una spinta forte alla legge sul caporalato che ora prevede la legge n. 199/2016.
Tale legge – tra le altre novità – non richiede più, ai fini della punibilità, né la forma organizzata dell’attività di intermediazione né che vi debbano essere esplicite minacce o violenze.
Inoltre, la legge sul caporalato ha modificato l’art. 603-bis c.p. (“intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”), con la previsione di una pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Il caporalato ha due “vantaggi” che gli consentono un attività criminale continuativa:
Nel caso del caporalato, il lavoratore si rapporta solo col caporale e viene messo a lavorare in campagne di cui non ha idea di chi sia la proprietà.
Inoltre, in caso di infortuni, la paura di essere rimpatriati porta a non andare al pronto soccorso.
Diversamente, in altre ipotesi, una volta arrivati in Italia, il lavoratore non ha abbastanza soldi e mezzi per tornare a casa e resta quindi intrappolati in un limbo che può durare anni.
In un tale contesto di oppressione diffusa ed organizzata, una delle principali esigenze è quella di sensibilizzare il più possibile su questa tematica così grave.
Un ulteriore elemento sarebbe quello di implementare gli strumenti tecnologici utili al controllo della filiera alimentare, andando a premiare durante l’acquisto le realtà imprenditoriali che mettano a disposizione informazioni utili a confermare l’assenza di caporalato.
Allo stesso modo, lo Stato dovrebbe sempre più premiare le aziende virtuose e creare dei centri di ascolto per capire come creare alternative lecite e rispettose di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro.
Molto bella ritengo fu la pubblicità di alcune aziende di divani italiani, denominata “non sulla mia pelle” che aiuta a far riflettere sul reale costo sociale delle nostre scelte da consumatori.
Sei vittima di caporalato? Contatta lo studio compilando il form sottostante, e scopri come possiamo aiutarti a supportare i tuoi diritti.
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Avvertenze
Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale.
Photo by Bernard Hermant on Unsplash
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