La prima inibitoria collettiva in materia lavoro è contro Roma Capitale

Inibitoria collettiva, possibilità di chiedere l'interruzione di un comportamento illegittimo

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La prima inibitoria collettiva in materia lavoro è stata promossa nei confronti di Roma Capitale.

Il ricorso è visionabile sul nuovo portale delle class action

L’inibitoria è stata promossa da alcune sigle sindacali a tutela dei lavoratori impegnati in uno degli appalti più importanti per Roma Capitale ed è il primo caso inibitoria collettiva in materia lavoro in Italia.

In breve

Nel presente articolo si indicheranno le ragioni dell’azione promossa nei confronti di Roma Capitale e si spiegherà cos’è una azione inibitoria collettiva.

Indice

Che cos’è un’inibitoria collettiva?

La legge 31/19, entrata in vigore il 19 maggio 2021, prevede la possibilità di chiedere l’interruzione di un comportamento illegittimo posto in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti.

La rivoluzione rispetto alla precedente disciplina è che tale azione non è più limitata alle problematiche relative al diritto dei consumatori, ma estende il proprio ambio anche alla tutela dei diritti dei lavoratori.

Contro chi può essere promossa?

L’azione inibitoria può essere promossa nei confronti delle imprese e degli enti gestori di servizio pubblico o di pubblica utilità.

In questo caso, l’azione è stata promossa nei confronti di Roma Capitale, quale ente pubblico tenuto ad assicurare i servizi di supporto all’attività educativa. 

Le ragioni dell’azione nei confronti di Roma Capitale?

Come noto la gran parte dei servizi connessi agli asili nido presenti a Roma vengono affidate mediante appalto a delle società esterne.

Tali servizi, denominati “Global Service”, sin dal 2013 sono stati assegnati alla società partecipata Roma Multiservizi S.p.A.

Secondo i sindacati,

sebbene il monte ore del servizio legato agli orari di apertura degli asili nido e delle scuole comunali, sia certo, determinato e prestabilito nei capitolati tecnici, l’azienda partecipata di Roma Capitale ha da sempre organizzato la presenza lavorativa dei dipendenti addetti secondo un modello che impone una assunzione del lavoratore con contratto di lavoro part time.

In tal modo, invece di stabilizzare un contratto a tempo pieno, la società imporrebbe un c.d. “part-time involontario”, compensando le ore in più tramite il riconoscimento in busta paga del lavoro supplementare.

Perché non si riconosce il tempo pieno ai lavoratori?

Secondo quanto riportato nel ricorso in inibitoria, con tale meccanismo l’azienda partecipata di Roma Capitale ottiene dei notevoli risparmi economici ed operativi.

In questo modo Roma Capitale eviterebbe un trattamento da tempo pieno e di miglior favore per i lavoratori:

  • In caso di mancata prestazione (malattia, infortuni, gravidanza, eventi non prevedibili);
  • ai fini del pagamento degli istituti contrattuali indiretti (mensilità supplementari, scatti – la cd anzianità forfettaria -, le 72 ore di permessi contrattuali, festività e ferie, TFR ecc.).

Inoltre, secondo i sindacati, il CCNL di riferimento prevede una maggiorazione per l’orario supplementare, comunque retribuita meno rispetto al salario di un lavoratore a tempo pieno.

Il mancato riconoscimento del tempo pieno determinerebbe dunque una perdita di salario per i lavoratori superiore al 7%

Facendo un esempio: nel caso in cui 2 lavoratori lavorino entrambi 40 ore a settimane, quello contrattualizzato come part-time – pur a parità di ore lavorate – verrà pagato meno per il solo fatto di non essere contrattualizzato come a tempo pieno.

Le ripercussioni sui lavoratori?

L’appalto di Roma Capitale interessa oltre 1.400 lavoratori a basso reddito, impiegati con contratto di lavoro part-time.

Secondo i sindacati il comportamento di Roma Capitale si porrebbe in evidente violazione dei principi di “consensualità”, non discriminazione, e di agevolazione a forme stabili di occupazione.

Il commento

I mesi di luglio ed agosto del 2021 si stanno caratterizzando per i primi esempi di class action ed azione inibitoria collettiva in favore dei lavoratori.

In un periodo storico così precario e divisivo, l’augurio è che queste azioni collettive riportino ad una maggiore aggregazione positiva dei lavoratori, uniti in problematiche concrete e di grande portata.

D’altronde, l’azione collettiva è propria del diritto del lavoro (si pensi al giudizio avverso la condotta antisindacale) e può – anzi deve – rivelarsi per quello che è: uno strumento volto a valorizzare le società virtuose, tramite la condanna delle realtà societarie che invece puntano a crearsi un vantaggio competitivo mediante il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori.

Un piccolo neo: la normativa prevede la pubblicazione sul “portale delle class action” del ricorso di parte attrice e non anche l’atto della società convenuta. Sarebbe stato bello poter leggere anche le difese di Roma Capitale…

Vuoi parlare con un esperto di diritto del lavoro o di class action? Vuoi parlarci del tuo caso o avere maggiori informazioni?

Avvertenze

Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. 
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale. 

Photo by Nicole Reyes on Unsplash

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8 risposte

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