Google ed Apple condannate? - Studio Legale Rosetta

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Punti salienti

Perché Google ed Apple sono state condannate?

L’Autorità ha accertato che le due società hanno attuato una pratica aggressiva. In particolare, nella fase di creazione dell’account, Google pre-imposta l’accettazione da parte dell’utente al trasferimento e/o all’utilizzo dei propri dati per fini commerciali. Questa pre-attivazione consente il trasferimento e l’uso dei dati da parte di Google, una volta che questi vengano generati, senza la necessità di altri passaggi in cui l’utente possa di volta in volta confermare o modificare la scelta pre-impostata dall’azienda.

Nel caso di Apple, invece, l’attività promozionale è basata su una modalità di acquisizione del consenso all’uso dei dati degli utenti a fini commerciali senza prevedere per il consumatore la possibilità di scelta preventiva ed espressa sulla condivisione dei propri dati. Questa architettura di acquisizione, predisposta da Apple, non rende possibile l’esercizio della propria volontà sull’utilizzo a fini commerciali dei propri dati. Dunque, il consumatore viene condizionato nella scelta di consumo e subisce la cessione delle informazioni personali, di cui Apple può disporre per le proprie finalità promozionali effettuate in modalità diverse. 

Il caso

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha recentemente comunicato la chiusura di due istruttorie nei confronti di Google Ireland Ltd. (provv. 16 novembre 2021, PS11147 – Google Drive-Sweep 2017) e di Apple Distribution International Ltd (provv. 9 novembre 2021, PS11150 – ICloud).

Nello specifico, l’AGCM ha elevato alle due società sanzioni per un importo complessivo pari a 10 milioni ciascuna, dopo aver accertato, in particolare, le seguenti violazioni del Codice del Consumo:

  1. la carenza di idonee informative in merito alla raccolta dei dati dell’utente a fini commerciali da parte di ciascuna (pratica commerciale ingannevole);
  2. l’illegittima preimpostazione del consenso alla raccolta ed utilizzo dei dati personali a fini commerciali (pratica commerciale aggressiva).

I provvedimenti in questione offrono diversi spunti concreti circa le impostazioni da adottare nella documentazione fornita all’utente a supporto dell’erogazione di servizi, oltre alla corretta raccolta e gestione dei consensi per finalità di marketing e profilazione.

In particolare, con riferimento alle carenze informative riscontrate nella documentazione preposta all’erogazione dei servizi (es. termini e condizioni d’uso, privacy policy, etc.) e resa ad un utente che si registra creando un proprio account o accede ad un servizio che non comporta la creazione di un account, l’AGCM indica alcuni elementi essenziali:

  1. le informazioni devono essere di immediata evidenza ed esaustive, ossia posizionate in pagine di consultazione non meramente eventuale, raggiungibili tramite link il cui contenuto deve poter essere visionato in via preventiva rispetto al completamento della procedura;
  2. il contenuto di detti documenti deve informare il consumatore sulla raccolta e utilizzo ai fini commerciali dei suoi dati;
  3. sarebbe preferibile che le finalità commerciali non siano indicate unitamente alle informazioni riguardanti l’utilizzo dei dati ad altri fini (es. dati connessi all’erogazione dei servizi, relativi alla sicurezza, alla qualità, etc.). In caso contrario, occorrerebbe che le finalità commerciali siano indicate con un’evidenza grafica tale da distinguerle dalle altre informazioni fornite nella stessa sede;
  4. il pop-up pensato per comparire nell’immediatezza della conclusione del processo di registrazione, specie se opaco nell’informare, non deve essere utilizzato come rimedio per colmare i gap informativi riscontrabili nelle documentazioni preposte (come termini e condizioni d’uso o privacy policy), e in ogni caso deve informare in modo chiaro il consumatore circa lo sfruttamento dei dati personali per finalità commerciali;
  5. specialmente nel caso di erogazione di servizi “gratuiti” (in cui il corrispettivo non è monetario, bensì è rappresentato dal dato personale raccolto dall’utente medesimo che si iscrive o accede detto servizio), è necessario, ai fini di una scelta consapevole da parte del consumatore, evidenziare l’uso commerciale del dato personale.

Con riferimento invece alla pratica consistente nella preimpostazione del consenso alla cessione dei dati personali degli utenti a fini commerciali, l’AGCM osserva che tale comportamento menoma la libertà del consumatore di scegliere liberamente come far utilizzare i propri dati ed è pertanto idonea a far assumere al consumatore decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

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Considerazioni conclusive

L’AGCM pone l’attenzione su alcuni elementi essenziali che interessano le modalità di raccolta e gestione dei consensi per finalità commerciali e profilazione. In particolare: 

  • non è possibile condizionare la cessione dei dati per finalità commerciali ad un consenso preimpostato e quindi revocabile solo tramite un’azione successiva (c.d. meccanismo di opt-out); 
  • allo stesso modo non può essere preimpostato il consenso alla profilazione del consumatore; 
  • l’accesso all’azione di selezione o revoca del consenso da parte del consumatore deve essere inserita in una sezione del processo di registrazione o accesso al servizio che deve poter essere visitata prima del completamento della procedura. Sul punto, a nulla vale un messaggio riepilogativo finale che rimarca le finalità di marketing e profilazione (incluso il marketing profilato); 
  • eventuali correzioni e miglioramenti di processo volte a rendere le informazioni più chiare ed accessibili devono anche prevedere la risoluzione dei profili di ambiguità e disinformazione pregressi, come ad esempio la gestione degli utenti già iscritti che non hanno espresso un consenso con la modalità dell’opt-in.

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Nota bene

Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. 
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale. 

Photo by hk on Unsplash

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5 risposte

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