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Il 7 dicembre 2021 è stato sottoscritto tra le parti sociali e il Ministero del Lavoro un “protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”.
L’occasione ci consente di tornare a parlare del lavoro agile facendo chiarezza su cosa sia e su come sia stato utilizzato durante questo periodo di emergenza sanitaria.
Punti salienti
Prima di tutto è bene sgomberare il campo da un dubbio particolarmente ricorrente tra i non addetti ai lavori: non vi è alcuna differenza tra lavoro agile e smart working. L’ordinamento italiano conosce solamente il “lavoro agile” che, nel linguaggio comune, viene spesso definito “smart working”.
Ciò detto, per poter fornire un quadro chiaro e puntuale sul lavoro agile è necessario partire dalla Legge n. 81 del 2017.
Sono infatti gli articoli 18 e seguenti della Legge n. 81/2017 a disciplinare il lavoro agile.
Ed è proprio l’art. 18 a indicare le ragioni per cui è stato introdotto e cosa si debba effettivamente intendere per lavoro agile.
Nell’articolo 18 si legge, anzitutto, che il lavoro agile è finalizzato ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. È quindi un istituto giuridico pensato per andare incontro alle esigenze dei lavoratori che, come diremo a breve, usufruendo del lavoro agile non dovranno recarsi quotidianamente in azienda.
L’articolo 18 della Legge n. 81/2017 prosegue poi spiegando cos’è il lavoro agile e quali sono i requisiti per poterne usufruire. Possiamo così riassumerli:
Il presupposto è quindi che il rapporto di lavoro sia subordinato, contratto full time o part time a tempo determinato oppure indeterminato. Il lavoro agile può essere previsto in tutti questi casi.
Attenzione a non confondere questo accordo con il contratto di lavoro. Sono due documenti differenti. Il contratto di lavoro crea il rapporto di lavoro tra le parti, l’accordo sul lavoro agile individua le modalità con cui il rapporto di lavoro deve essere eseguito.
L’accordo sul lavoro agile dovrà indicare:
La giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro. Possono essere individuate delle fasce orarie in cui il lavoratore è reperibile e quelle in cui, invece, il lavoratore non deve essere contattato dal datore di lavoro (sono i cc.dd. periodi “disconnessione”). Il lavoro è dunque per obiettivi.
Lavoro agile, inoltre, non significa necessariamente lavoro da casa. Il lavoratore, infatti, potrebbe decidere di lavorare anche in un luogo diverso, purché sia idoneo per svolgere l’attività lavorativa.
Il richiamato protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile ha chiarito come, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, durante le giornate in cui l’attività lavorativa è resa in modalità agile, non possono essere previste e autorizzate ore di lavoro straordinario.
Il lavoratore è libero di scegliere il luogo da cui svolgere l’attività in modalità agile a condizione, però, che questo consenta di lavorare in sicurezza e riservatezza.
Gli articoli 22 e 23 della Legge n. 81/2017 impongono al datore di lavoro di garantire la salute e la sicurezza di chi lavora in smart working. Il datore di lavoro, quindi, deve garantire la copertura assicurativa INAIL contro gli infortuni e le malattie professionali (secondo le modalità illustrate dall’INAIL nella Circolare n. 48/2017) nonché la tutela contro l’infortunio in itinere, secondo quanto previsto dalla legge.
La diffusione del virus Covid-19 e la conseguente esigenza di limitare il più possibile gli spostamenti delle persone, lavoratori compresi, ha portato alla nascita del c.d. “smart working semplificato”.
Lo smart working semplificato riconosce al datore di lavoro la possibilità di collocare i dipendenti in smart working senza la necessità di concludere un apposito accordo.
Durante il periodo emergenziale, dunque, il datore di lavoro interessato può imporre ai lavoratori subordinati lo svolgimento del rapporto in smart working anche contro il loro consenso.
Attualmente la possibilità di ricorrere allo smart working semplificato è riconosciuta ai datori di lavoro privati sino al 31 dicembre 2021, in seguito alla conversione in legge del c.d. decreto riaperture (D.L. n. 52/2021).
Salvo alcune ipotesi specifiche, previste solamente per il periodo emergenziale di cui si dirà a breve, non esiste un vero e proprio diritto dei lavoratori a poter svolgere l’attività lavorativa in smart working.
Vi sono tuttavia delle ipotesi previste dalla legge che riconoscono un “diritto di priorità” nella scelta dei dipendenti cui accordare il lavoro in smart working.
L’art. 18 comma 3bis della Legge 81/2017 stabilisce che i datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile sono tenuti “in ogni caso” a riconoscere priorità alle richieste formulate:
Durante il periodo emergenziale, invece, a determinate categorie di lavoratori è stato riconosciuto un vero e proprio diritto allo smart working.
Anzitutto è bene ricordare che sono considerati lavoratori fragili coloro che, a causa di una patologia preesistente, sono esposti al rischio di un esito grave o infausto dovuto all’infezione da Covid-19, indipendentemente dal fatto che si siano o meno vaccinate (Circolare congiunta Ministero Lavoro e Ministero Salute n. 13/2020).
Per i lavoratori fragili l’art. 26 comma 2 bis del decreto legge “cura Italia” (D. L. n. 18/2020) prevede che fino al 31 dicembre 2021 questi svolgano “di norma l’attività lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento”.
Qualora non sia possibile rendere la prestazione lavorativa mediante smart working i lavoratori fragili, sempre fino al 31 dicembre 2021, sono esonerati dall’obbligo di lavorare e la loro assenza è equiparata al ricovero ospedaliero. In tal modo i lavoratori fragili possono beneficiare dell’indennità di malattia. (Messaggio INPS n. 3465 del 13 ottobre 2021).
Ai sensi del successivo art. 39 del già citato decreto legge “cura Italia” (D.L. 18/2020, convertito con L. n. 27/2020) fino alla cessazione dello stato di emergenza (31 dicembre 2021), i lavoratori dipendenti disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità, ovvero i lavoratori immunodepressi e familiari conviventi, hanno diritto a svolgere la prestazione in modalità agile. A condizione, tuttavia, che tale modalità di lavoro sia compatibile con le caratteristiche della prestazione richiesta.
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L’art. 3 del decreto legge n. 127/2021 ha previsto dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021 l’obbligo di possedere ed esibire la certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass) per l’accesso nei luoghi di lavoro. Ci si è quindi domandati se i lavoratori in smart working, pur non dovendo entrare in azienda, dovessero possedere il green pass per lavorare.
Questa una delle prime risposte pubblicata sul sito del Governo
Chi lavora sempre in smart working deve avere il green pass?
No, perché il green pass serve per accedere ai luoghi di lavoro. In ogni caso lo smart working non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di green pass.
Tuttavia lo stesso Governo ha poi chiarito che se al lavoratore non è consentito rendere la prestazione di lavoro per mancato possesso del green pass, è conseguentemente inibito anche il lavoro agile.
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Nota bene
Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale.
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale.
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