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Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione ha affermato la configurabilità del reato di estorsione in capo al datore di lavoro che – approfittando della naturale condizione di prevalenza e minacciando il licenziamento – costringe i lavoratori ad accettare condizioni di lavoro non adeguate alle prestazioni di lavoro svolte.
Punti salienti
In base alle disposizioni dell’art. 629 c.p. configura il reato di estorsione chiunque “mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualcosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
Due datori di lavoro imputati per il reato di estorsione venivano assolti, prima dal Tribunale di Sulmona, poi dalla Corte d’Appello dell’Aquila, perché il fatto non era previsto dalla legge come reato.
I giudici riconoscevano che gli imputati avevano richiesto ai lavoratori prestazioni di lavoro che andavano ben oltre l’orario previsto, anche per venti ore al giorno per svolgere compititi non inerenti alle loro mansioni subendo e continue vessazioni.
Tuttavia, mandavano assolti i due datori di lavoro in quanto le mail in cui scrivevano che “… se qualcuno non è d’accordo è libero di andarsene…” non potevano considerarsi una minaccia ma una libertà di scelta.
I lavoratori proponevano perciò ricorso in Cassazione, che annullava la decisione.
Con la sentenza n. 3724 del 2 febbraio 2022 la Corte di Cassazione annulla la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila.
La Corte prima di tutto rileva come la nozione di minaccia implica proprio che sia rimessa alla vittima del reato la scelta della condotta da tenere, ma nella consapevolezza che se dovesse essere differente da quella pretesa dal soggetto attivo (il datore di lavoro), si verificherebbe il male ingiusto prospettato (la perdita del lavoro).
L’estorsione, dunque, è il tipico reato per la cui configurazione è richiesta la cooperazione della vittima (i lavoratori) mediante la coercizione della sua volontà.
Alla luce di ciò afferma la Corte che il reato di estorsione
si realizza nel momento in cui il datore di lavoro prospetta la perdita del lavoro, approfittando della naturale condizione di prevalenza che veste rispetto al lavoratore subordinato e alla strutturale condizione a lui favorevole.
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Queste condotte del datore di lavoro, come visto, sono illegittime, configurano un reato e danno diritto ad un risarcimento per i danni subiti.
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