Il posto di lavoro oggetto di transazione

Posto di lavoro oggetto di transazione - Studio Legale Rosetta

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Punti salienti

Sei un datore di lavoro che, per evitare azioni legali di un ex dipendente, ha riconosciuto degli importi a titolo transattivo e ora temi che ciò non sia stato sufficiente? Oppure sei un lavoratore che ha recentemente concluso il rapporto di lavoro attraverso un accordo conciliativo ed ora vorresti agire in giudizio?

L’occasione è utile per esaminare quanto deciso da una recente ordinanza della Cassazione in cui si chiarisce che – attraverso un accordo transattivo – il dipendente può rinunciare non solo a rivendicare somme di varia natura (differenze retributive, risarcimenti per danni ecc..) ma anche al proprio posto di lavoro.

All’interno di un accordo transattivo, quindi, datore e lavoratore, potranno accordarsi anche per evitare che il lavoratore agisca giudizialmente per vedersi reintegrato sul posto di lavoro.   

L’accordo transattivo

Anzitutto, è bene chiarire che un accordo transattivo è un contratto con il quale due parti (nel caso in esame datore di lavoro e lavoratore) pongono fine a una lite, oppure si accordano per evitare che questa possa crearsi, facendosi reciproche concessioni.

In buona sostanza, il lavoratore rinuncerà a rivendicare i suoi diritti e il datore di lavoro – accettando le rinunce del lavoratore – gli corrisponderà una determinata somma di denaro.

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Il caso

Un dipendente ricorreva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trapani lamentando la nullità dei termini apposti ai suoi contratti di lavoro di volta in volta stipulati. Il dipendente rivendicava così la sussistenza di un contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato in capo al datore di lavoro.

Il Tribunale, tuttavia, dichiarava inammissibile la richiesta del dipendente – e lo stesso faceva la Corte d’Appello di Palermo – rilevando che tra dipendente e datore di lavoro era intervenuto un accordo transattivo avente ad oggetto i singoli rapporti di lavoro intercorsi.

Il dipendente ricorreva così in Cassazione eccependo, tra gli altri motivi, la nullità dell’accordo transattivo perché relativo a diritti indisponibili del lavoratore.

La decisione della Corte di Cassazione

I giudici di legittimità, nell’ordinanza n. 1887 del 21 gennaio 2022, rigettavano il ricorso del lavoratore indicando che la rinuncia a rivendicare la reintegra nel posto di lavoro non poteva considerarsi diritto indisponibile del lavoratore.  

La citata pronuncia fornisce, inoltre, una panoramica sulle principali decisioni giurisprudenziali in materia di accordi transattivi di lavoro.

Nell’ordinanza in particolare si chiarisce che:

  • Per la validità dell’accordo transattivo è necessario che sia individuata la c.d. “res litigiosa” ossia l’origine del contrasto tra datore di lavoro e lavoratore;
  • Il lavoratore può legittimamente rinunciare solamente ai diritti disponibili (ad esempio non può rinunciare al TFR previsto per legge);   
  • Il lavoratore può quindi rinunciare ad impugnare la risoluzione del rapporto di lavoro, essendo questo un diritto disponibile.

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Il commento

Come chiarito dalla Cassazione le rinunce del lavoratore, anche quelle relative al posto di lavoro, sono pienamente legittime ed efficaci e comportano quindi l’impossibilità di avanzare poi future rivendicazioni in giudizio.

Pertanto, se sei un datore di lavoro e vuoi evitare che ex dipendenti promuovano azioni legali nei tuoi confronti, dovrai assicurarti che nell’accordo sia previsto che l’ex dipendente rinunci a rivendicare il rapporto di lavoro alle tue dipendenze.

Se, invece, sei un lavoratore nel caso in cui il datore ti proponga di sottoscrivere un accordo transattivo dovrai prestare massima attenzione al suo contenuto e alle tue rinunce. È probabile, infatti, che quell’accordo preveda l’impossibilità di rivendicare la prosecuzione del rapporto di lavoro.   

Inoltre, è bene sottolineare che affinché i patti siano immediatamente efficaci e non impugnabili (entro i successivi 6 mesi), l’accordo transattivo dovrà essere necessariamente firmato in una sede protetta (sede sindacale o Commissione di Conciliazione).

Qui le parti dovranno ricevere l’assistenza di un rappresentante sindacale o di un avvocato nominato, in grado di spiegare le conseguenze delle rinunce previste nell’accordo.  

Vuoi parlare con un esperto? Vuoi far valutare il tuo caso o avere maggiori informazioni? Scrivici qui.

Nota bene

Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. 
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale. 

Photo by Ryoji Iwata on Unsplash

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7 risposte

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