Compagnia aerea condannata per discriminazione nei confronti dei dipendenti

Compagnia aerea condannata per discriminazione - Studio Legale Rosetta

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Con recente sentenza del 23 marzo 2022, il Tribunale di Roma condanna ITA Airways al risarcimento del danno subito da delle lavoratrici discriminate perché in gravidanza.

Quando si verifica una discriminazione sul posto di lavoro?

Punti salienti

La Notizia

Sul FattoQuotidiano la notizia delle “Lavoratrici in gravidanza discriminate” e della condanna della compagnia aerea ITA al risarcimento.  

Come mai la compagnia aerea è stata condannata? Come si quantifica il risarcimento del danno?

Il fatto

Il d.lgs. n. 198 del 2006 (c.d. Codice delle pari opportunità) prevede la possibilità per chi subisce delle discriminazioni, di domandare l’accertamento di tale condotta, di farla cessare e di chiedere un risarcimento per il danno subito. Ne abbiamo parlato nell’articolo Rinnovo del contratto e stato di gravidanza

Per tale ragione, due lavoratrici – dipendenti Alitalia – proponevano ricorso ex art. 38 d.lgs. 198/2006 (codice pari opportunità) chiedendo di dichiarare la condotta della compagnia aerea discriminatoria, essendo consistita nella mancata selezione e successiva assunzione delle ricorrenti a causa del loro stato di gravidanza.

Tanto che rilevavano come nessuna lavoratrice in gravidanza operante presso la base di Fiumicino, che si trovasse in gravidanza o astensione obbligatoria per maternità, fu mai chiamata per le selezioni.

La compagnia aerea si difendeva sottolineando come il piano di assunzioni si sarebbe concluso solo nel 2025 e che quindi ogni valutazione si sarebbe dovuta rinviare a tale data, una volta completate tutte le assunzioni. Inoltre, la compagnia aerea rilevava la genericità del ricorso in quanto non indicante in modo chiaro (ed in termini percentuali) l’effettiva discriminazione diretta o indiretta.

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La decisione: Come mai la compagnia aerea è stata condannata?

Il Giudice, svolte le prove orali, segnalava innanzitutto come invero il piano di assunzioni fosse già a buon punto e che, pertanto, ben si potesse valutare le eventuali discriminazioni su tali dati, riguardando comunque già circa 1675 lavoratori selezionati. Attendere il 2025 si sarebbe, tra l’altro, posto in contraddizione con il carattere urgente dei giudizi volti al contrasto delle discriminazioni sul posto di lavoro.

In ordine all’ammissibilità dell’azione, il Giudice richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale ha più volte chiarito che l’ambito di applicazione dei divieti di discriminazione investe anche la fase preassuntiva, tenuto conto della rilevanza che l’accesso al lavoro riveste nella vita personale, che lo rende in linea di principio analogo, sotto un profilo assiologico, a quello della perdita del lavoro conseguente al licenziamento (cfr. CGUE 14.3.2017 Bagnaoui C-188/15).

Tale principio comporta che il rifiuto di assunzione a causa dello stato di gravidanza non può trovare giustificazione in motivi relativi al danno finanziario a carico del datore di lavoro in caso di assunzione di una donna incinta, durante tutto il periodo di assenza per maternità.

Pertanto,

la latitudine quindi della tutela discriminatoria comprende anche la fase di accesso al lavoro.

In merito, il Giudice condanna la compagnia aerea in quanto ai fini della prova della discriminazione è sufficiente l’allegazione di dati oggettivi, essendo irrilevante che vi sia o meno un vero e proprio intento discriminatorio. Pertanto, il Giudice sottolinea come sarebbe stato sufficiente indicare i nominativi di quelle assistenti di volo, tra le 412 assunte nel periodo in questione, che al momento dell’assunzione erano in gravidanza. 

Tuttavia, la compagnia aerea mancava di indicarle (forse perché non ve ne erano) e per tale ragione veniva condannata per discriminazione in danno delle lavoratrici.

Come si quantifica il danno?

Per quantificare il danno, il Giudice rileva come tale condotta discriminatoria abbia determinato alle lavoratrici consistito in una perdita di chance

Al fine di determinare tale perdita, il Giudice prendeva a riferimento la retribuzione mensile per il periodo di 15 mensilità, tenuto conto del periodo di astensione dal lavoro antecedente il parto ed i sette mesi successivi dalla nascita del figlio (quindi 15 mensilità ciascuna per € 1.480,46, pari quindi ad € 22.206,90).

Il commento

La sentenza in commento si mostra di particolare rilevanza sociale. Come riportato in sentenza, la condanna inflitta alla compagnia aerea, oltre a ristorare le ricorrenti dal danno subito per la perdita di chance, esprime anche una valenza dissuasiva perché

elide il vantaggio che la società resistente ha inteso assicurarsi evitando l’assunzione di assistenti di volo in gravidanza, per le quali la presenza sul luogo di lavoro sarebbe stata sospesa per la durata del tempo a cui la condanna viene commisurata.

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Nota bene

Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. 
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale. 

Photo by Norbert Braun on Unsplash

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