La pronuncia che riconosce il rider subordinato  

La pronuncia che riconosce il rider subordinato - Studio Legale Rosetta

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Con sentenza del 20 aprile 2022, il Tribunale di Milano ha deciso che se i rider sono gestiti in modo puntuale e stringente da un algoritmo devono considerarsi a tutti gli effetti dei lavoratori subordinati.

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Chi sono i rider?

Con l’espressione rider (che in inglese vuol dire “cavaliere”) si fa riferimento al fattorino che consegna generi di prima necessità e che, il più delle volte, non ha come datore di lavoro un esercizio commerciale, ma una piattaforma online che gestisce il lavoro tramite algoritmo.

Nel ricorso proposto dal rider si chiedeva il riconoscimento della natura subordinata di questo rapporto di lavoro o comunque l’applicazione, a tale rapporto di lavoro, della disciplina prevista dal D.lgs. n. 81/2015, una norma di ben 7 anni fa.

Questa norma viene definita dal Tribunale di Milano una norma di disciplina, perché capace di limitare i casi di elusione – tramite l’utilizzo della tecnologia o di nuove forme contrattuali – delle tutele minime riconosciute ai lavoratori dalla legge.

In questa norma si sancisce infatti il principio secondo cui indipendentemente dal fatto di essere lavoratori subordinati o autonomi, se una persona lavora in forma esclusivamente personale (non in forma di impresa), in modo continuativo e veda organizzato il proprio lavoro da parte di un altro soggetto (il committente/il datore/l’algoritmo), a questo lavoratore devono essere garantite le medesime tutele di un lavoratore subordinato e tra queste tutele vi è anche quella di ricevere una retribuzione dignitosa.

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Ma allora i rider sono tutti subordinati o sono lavoratori autonomi?

Il Tribunale di Milano ricorda che ogni lavoro può essere svolto sia in modo autonomo o sia in via subordinata, si pensi al caso dei pony express che secondo la giurisprudenza sono sempre stati considerati come lavoratori autonomi. Tuttavia, nel caso dei rider, la differenza la fa l’algoritmo.

Dai documenti e dalle testimonianze in atti è infatti risultato che se la piattaforma tramite la geolocalizzazione conosce ogni spostamento del rider e può decidere quali corse assegnare, il rider invece non può esercitare alcuna influenza sulla piattaforma. Anzi, rischia anche penalizzazioni di punteggio se non rispetta gli orari valutati dalla piattaforma come “più rilevanti”. Allo stesso modo, se il rider vuole ambire agli orari più vantaggiosi a livello economico deve necessariamente rientrare tra i lavoratori con punteggio massimo. Punteggio che, come indicato in sentenza, è sempre determinato dall’algoritmo.

Di conseguenza se il datore stabilisce che l’unico modo per prenotare le sessioni più vantaggiose è adottare i comportamenti che l’algoritmo premia (per non dire impone…), è chiaro che non vi sia un’effettiva libertà di scelta per il rider.      

Il Giudice, citando alcune sentenze straniere, ricorda che per poter considerare davvero il rider libero di scegliere quando lavorare, quantomeno gli si dovrebbe consentire di poter scegliere gli orari più compatibili con la propria vita personale.          

Diversamente, nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, l’algoritmo sceglie i turni sulla scorta di criteri che sono del tutto estranei alle preferenze e agli interessi del lavoratore e che sono legati esclusivamente a logiche imposte dalla piattaforma on line.

Anche la circostanza che il rider si possa rifiutare di fare una consegna, secondo il Tribunale di Milano è irrilevante ai fini della qualifica da lavoratore subordinato. Quanti lavoratori subordinati posso rifiutare la prestazione. Si pensi al caso dei lavoratori a chiamata.

Dunque, sulla base di queste valutazioni e della stringente attività di controllo e direzione dell’algoritmo, il Tribunale di Milano conferma la natura subordinata del rapporto di lavoro del rider, con applicazione del CCNL Commercio, VI livello al quale appartengono appunto i soggetti che svolgono le mansioni di “fattorini” o “porta pacchi”, per i quali è indicata una retribuzione lorda minima in caso di full time di € 1.407,94.

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Il commento

In conclusione, in un contesto tecnologico in così rapida evoluzione, la priorità è quella assicurare a questi lavoratori una protezione equivalente a quella di qualsiasi altro lavoratore subordinato, come appunto già previsto dall’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015 che, a quanto pare, risulta però ancora poco applicato.

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Nota bene

Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. 
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale. 

Photo by Carl Campbell on Unsplash

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6 risposte

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