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La notizia apparsa sul quotidiano “La Repubblica” del 20 febbraio 2023 ha fatto scalpore: il Tribunale di Torino ha condannato l’INAIL a risarcire una donna che era stata rapinata mentre tornava dal lavoro. Questo caso ci offre l’occasione per parlare dell’infortunio in itinere, un tema che può interessare molti lavoratori.
Punti Salienti
La storia della commessa di Torino, rapinata davanti al portone di casa dopo essere uscita dal lavoro, è emblematica. La donna, all’epoca dei fatti trentaquattrenne, subì la frattura della mascella, una grave lesione all’orbita e una frattura alla mano. Nonostante il danno permanente, l’INAIL aveva inizialmente rigettato la sua richiesta d’indennizzo. Solo dopo che la donna aveva fatto ricorso in Tribunale, quest’ultimo riconobbe il c.d. “infortunio in itinere” e le assegnò un assegno mensile di € 700.
L’infortunio in itinere si verifica quando un lavoratore subisce un incidente durante il tragitto di andata e ritorno tra il luogo di lavoro e quello di residenza, oppure tra due luoghi di lavoro nel caso in cui abbia più rapporti di lavoro.
In questi casi, se l’infortunio in itinere viene riconosciuto, il lavoratore ha diritto a percepire dall’INAIL un’indennità giornaliera.
Per i primi 90 giorni di malattia l’importo dell’indennità è pari al 60% della retribuzione media giornaliera, mentre, per i giorni successivi al 90° sino al giorno della guarigione l’importo aumenta al 75% della retribuzione media giornaliera.
Ma attenzione, l’infortunio in itinere non è sempre indennizzabile: il lavoratore, infatti, non ha diritto all’indennizzo se decide di seguire un percorso diverso da quello solitamente utilizzato per recarsi al lavoro dalla propria abitazione, per una sua scelta personale ed estranea alla prestazione lavorativa.
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Nota bene
Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale.
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Foto di Norbert Braun su Unsplash
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