L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, nella sua formulazione originaria, vietava espressamente al datore di lavoro l’utilizzo “di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”.
Sul punto, copiosa giurisprudenza di legittimità si è nel tempo espressa nel senso di consentire dei controlli datoriali a distanza nei casi in cui tali controlli sino finalizzati a verificare non già inadempimenti contrattuali dei lavoratori ma illeciti da questi posti in essere, lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale (si vedano in tal senso: Cass. 13266/2018; Cass. 10637/2017).
Con l’intervento del Jobs Act tale assetto è stato modificato, essendo ora previsto che gli strumenti definiti “di lavoro”, ovvero “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” nonché strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, per il loro funzionamento potrebbero consentire un controllo a distanza dei dipendenti, senza che sia necessario un previo accordo con le rappresentanze sindacali o dell’autorizzazione dell’INL.
Sommario
Il D. Lgs. n. 151/2015 ha modificato l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, prevedendo la possibilità di installazione di“impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” solo per“esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali”.
Tuttavia, prosegue la nuova formulazione dell’articolo, tali limitazioni non operano per gli “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”.
Interessante è la sentenza n. 19922/2016 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, in tema di licenziamento irrogato ad un dipendente a seguito di controlli a distanza effettuati mediante il geolocalizzatore installato nell’automobile aziendale in dotazione al lavoratore.
In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto infondato quanto sostenuto da parte datoriale in ordine al fatto che i controlli in questione rivestissero carattere difensivo.
Invero, il sistema di controllo attraverso l’installazione del GPS sulle vetture in uso ai dipendenti veniva predisposto dall’azienda ex ante ben prima che sorgesse qualsivoglia sospetto di violazione da parte del lavoratore.
Inoltre, la Corte ha ritenuto di dare seguito al consolidato principio secondo cui seppure “il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale dei lavoratori medesimi”.
Da ultimo, “appare evidente che il controllo permesso dal sistema gps sulle autovetture della società permetteva un controllo a distanza dell’ordinaria prestazione lavorativa, non la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro”.
A seguito della sentenza n. 19922/2016 della Corte di Cassazione, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato, in data 7 novembre 2016, la Circolare n. 2/2016, avente ad oggetto le indicazioni operative sull’utilizzazione di impianti GPS su autovetture in dotazione ai dipendenti ex art. 4, commi 1 e 2, dello Statuto dei Lavoratori.
In particolare, ha precisato l’INL che i sistemi di geolocalizzazione rappresentino non uno strumento di lavoro ma un elemento “aggiunto” agli stessi.
Invero, i sistemi GPS non sono utilizzati “in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa ma per rispondere ad esigenze ulteriori di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza del lavoro”.
Pertanto, tali particolari installazioni rientrano, specifica l’INL, nel campo di applicazione di cui al comma 1 dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, necessitando perciò di un previo accordo stipulato con la rappresentanza sindacale o, in assenza, previa autorizzazione dell’INL medesimo.
Da ciò prescindono solo i peculiari casi di sistemi di geolocalizzazione in assenza dei quali non sarebbe possibile per il dipendente rendere la prestazione lavorativa ovvero di installazione richiesta da specifiche normative di carattere legislativo o regolamentare, vale a dire casi in cui l’impianto GPS si trasforma in vero e proprio “strumento di lavoro”.
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