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Licenziamento irrogato tramite Whatsapp

Antonio Rosetta by Antonio Rosetta
Dicembre 24, 2020
in Prove digitali
Reading Time: 4 mins read
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Le chat di Whatsapp come mezzo di prova

Ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 604/1966, il licenziamento irrogato al lavoratore deve avere forma scritta, a pena di inefficacia dello stesso.

Da tale previsione sono inevitabilmente derivati dubbi relativi alle modalità di trasmissione della comunicazione di licenziamento al lavoratore.

A chiarire tali dubbi è più volte intervenuta la giurisprudenza, la quale ha precisato che debbano ritenersi valide le modalità di comunicazione del licenziamento che comportino la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità per avere, quindi, certezza che il lavoratore ne abbia avuto conoscenza e da quando.

Ora, in considerazione dello smodato utilizzo di applicazioni come Whatsapp, nell’ormai normale vivere quotidiano, non sorprende che al vaglio della giurisprudenza sia arrivata la questione relativa all’efficacia di un licenziamento comunicato, tra le altre modalità, a mezzo chat di Whatsapp. 

Sommario 

  1. I messaggi Whatsapp come documento informatico. 
  2. Il licenziamento intimato tramite SMS
  3. Licenziamento intimato tramite Whatsapp: la pronuncia del Tribunale di Catania, Sezione Lavoro, del 27.06.2017
  1. I messaggi Whatsapp come documento informatico

Secondo un’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, se – da un lato – l’art. 2 della Legge n. 604/1966 prescrive che il licenziamento venga irrogato al lavoratore in forma scritta – dall’altro lato – non sussiste “per il datore di lavoro alcun onere di adoperare formule sacramentali”, “potendo la volontà di licenziare essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara” (così, ex multis, Cass., civ. sez. lav., sentenza n. 6447/2009, v. anche sentenza n. 17652/2007).

A ciò si aggiunga che sia la giurisprudenza di merito che la giurisprudenza di legittimità hanno da tempo ritenuto gli SMS (e, del pari, le conversazioni tenute in chat come quella di Whatsapp) delle vere e proprie prove documentali, rientranti nella disciplina dell’art. 2712 c.c., la quale identifica come effettivi mezzi di prova, utilizzabili in giudizio, le riproduzioni meccaniche, fotografiche, informatiche (CAD) o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose, nel caso in cui non ne venga contestata la conformità ai fatti o alle cose a cui si riferiscono, da parte del soggetto nei confronti del quale vengono ad essere prodotte (così, Trib. Ravenna, sentenza n. 231/2017; v. anche Cass. n. 9884/2005).

  1. Licenziamento intimato tramite SMS

Già con sentenza del 05.07.2016 la Corte d’Appello di Firenze aveva affermato che un SMS fosse assimilabile ad un telegramma dettato per telefono, ovvero il “mezzo” cui ex art. 2705 c.c. è riconosciuta efficacia probatoria di scrittura privata ex art. 2702 c.c.

E sulla base di tale assunto, la Corte perveniva ad una declaratoria di legittimità del licenziamento irrogato a mezzo SMS.

  1. Il licenziamento intimato tramite Whatsapp: la pronuncia del Tribunale di Catania, Sezione Lavoro, del 27.06.2017

Di un caso di un licenziamento irrogato a mezzo Whatsapp, è stato investito il Tribunale di Catania, il quale, con sentenza del 27.06.2017, ha dichiarato la legittimità del recesso intimato attraverso l’utilizzo di tale chat.

Quanto precede poiché “il recesso intimato mezzo “whatsapp”[…] appare infatti assolvere l’onere della forma scritta (cfr. su fattispecie analoga App. Firenze, 05-07-2016), trattandosi di documento informatico che parte ricorrente ha con certezza imputato al datore di lavoro, tanto da provvedere a formulare tempestiva impugnazione stragiudiziale[…]”.

Più in particolare, precisa il Tribunale di Catania, la modalità utilizzata dal datore di lavoro appare idonea ad assolvere ai requisiti formali richiesti (forma scritta e chiarezza), anche in considerazione del fatto che, nel caso in esame, la lavoratrice ha subito provveduto ad impugnare stragiudizialmente il recesso.

Di conseguenza, l’aver reagito all’intimazione di licenziamento trasmessa su Whatsapp con una tempestiva impugnativa, ha dimostrato l’effettiva ricezione della comunicazione trasmessa dall’azienda, così risultando assolti gli oneri datoriali in tal senso previsti.


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Antonio Rosetta

Antonio Rosetta

Antonio è un Avvocato specializzato in diritto del lavoro ed in diritto civile. Scrive di class action, prove digitali ed approfondisce i temi legali all'evoluzione del mondo del lavoro.

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