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Le offese sul lavoro in una chat privata di Whatsapp può essere causa di licenziamento?
Delle offese in un gruppo whatsapp ne abbiamo già parlato in una precedente articolo. In questo vedremo in quali casi, secondo la giurisprudenza, le offese in chat private possono essere causa di licenziamento.
Indice
Un lavoratore è stato licenziato per aver inviato dei messaggi vocali in una chat di Whatsapp, offendendo un suo superiore.
In particolare, l’azienda aveva contestato al lavoratore di aver inviato registrazioni vocali “con contenuti offensivi, minatori e razzisti”.
Il lavoratore, pur riconoscendosi autore di tali messaggi, impugnava il licenziamento dinanzi al Tribunale di Firenze, ritenendolo illegittimo per insussistenza del fatto contestato.
Il Tribunale ha colto l’occasione per precisare in quali casi sussiste la natura diffamatoria dei messaggi inviati in chat di Whatsapp.
Per fare ciò, il giudice di merito ha ripercorso la distinzione elaborata nel tempo dalla Corte di Cassazione tra:
Ripercorrendo i principi già espressi dalla Cassazione, il Tribunale di Firenze ha accolto il ricorso del lavoratore, affermando che i messaggi inviati in chat di Whatsapp.
configurano comunicazioni diffuse in un ambiente ad accesso limitato.
Di conseguenza, in questi casi è da “escludere qualsiasi intento o idonea modalità di diffusione denigratoria”.
Per considerare ingiuriosi, discriminatori o minacciosi i messaggi inviati ai superiori deve riscontrarsi
l’astratta possibilità di divulgazione a un numero indeterminato di persone.
Tribunale di Firenze, sentenza del 16.10.2019
In sostanza, alla luce di quanto ricostruito dal Tribunale di Firenze, non sempre il comportamento di un lavoratore che offende un superiore su Whatsapp può qualificarsi come “minaccioso e discriminatorio”.
In particolare, per giustificare un provvedimento espulsivo, si deve riscontrare “l’astratta possibilità di divulgazione (del messaggio) a un numero indeterminato di persone”.
E, nel caso analizzato dal Tribunale di Firenze, in cui la chat di Whatsapp era riservata ai soli partecipanti, non è stato ritenuto sussistere un fatto avente carattere di illiceità tale da giustificare il licenziamento.
Allo stesso modo, in caso di “affermazioni per loro natura destinate a restare riservate”, non si riscontra una violazione dell’obbligo di fedeltà che giustifichi un licenziamento per giusta causa.
Per valutare la legittimità o meno del licenziamento si dovrà, quindi, valutare sia l’esatto contenuto della contestazione disciplinare che ha condotto al licenziamento sia il contesto in cui le offese al proprio superiore si inseriscono.
E, nel caso in cui il licenziamento dovesse risultare così illegittimo, il lavoratore potrà essere reintegrato nel posto di lavoro.
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Avvertenze
Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale.
Photo by Cristina Gottardi on Unsplash
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