Il caso dell’operaio ex Ilva licenziato per un post su Facebook

Operaio ex Ilva licenziato per un post su Facebook

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Il caso dell’operaio ex Ilva licenziato per un post su Facebook aveva destato un grande clamore. Nell’articolo È possibile essere licenziato per un post Facebook? avevamo riportato come sui giornali fosse stato anche riportato il testo del post del lavoratore, reo di aver condiviso un contenuto critico presente in rete.

Un lavoratore, mentre stava sul divano, condivide su Facebook un testo in cui si consigliava di vedere una serie TV. La trama della serie TV era incentrata sulla lotta di una mamma che denuncia l’inquinamento di una fabbrica siderurgica, responsabile della leucemia di sua figlia.

Serie TV non esplicita, ma di rimando alla cronaca più nera di Taranto.

Su tale licenziamento si è espresso ora il Tribunale di Taranto, chiarendo quando un post su Facebook giustifica un licenziamento.

In breve: nel presente articolo si esamineranno le motivazioni della sentenza che ha dichiarato illegittimo il licenziamento dell’operaio ex Ilva.

Indice

La vicenda. Il caso dell’operaio licenziato per un post su Facebook.

Durante il mese di marzo 2021 andava in onda la serie TV “svegliati amore mio”. Secondo la trama di questa serie TV la malattia era infatti conseguenza dell’inquinamento prodotta da una fabbrica siderurgica. Durante la visione, un operaio ex Ilva pubblicava sulla propria bacheca Facebook un post di critica sulla scelta di non fare rimandi diretti ed invito alla visione della serie. 

Secondo l’attuale proprietà della fabbrica siderurgica ex Ilva tali espressioni sarebbero state gravemente lesive dell’immagine e della reputazione aziendale, eccedenti il diritto di critica nell’ambito di rapporto contrattuale regolato, dell’obbligo di fedeltà del lavoratore subordinato si cui all’art. 2105 c.c., nonché dei principi di buona fede e correttezza

Il lavoratore si difendeva rappresentando che si sarebbe trattato di un licenziamento ritorsivo, ma il Giudice non ne riconosceva i presupposti. Il post pubblicato aveva un carattere comunque critico tale da giustificare in astratto un provvedimento disciplinare e, comunque, non vi era prova della volontà ritorsiva della società.

L’ulteriore contestazione del lavoratore invece trovava accoglimento

Le difese della parte ricorrente si incentrano sul rilievo che, stante l’anno di ambientazione della fiction in questione (segnatamente l’anno 2002), il post non poteva che essere “riferito al passato, alle vecchie gestioni dello stabilimento”, e non all’attuale.  

Ciò a maggior ragione laddove la nuova società, ponendosi in totale discontinuità rispetto alle precedenti gestioni, aveva pubblicato un’apposita dichiarazione “per esprimere vicinanza alla comunità di Taranto in ricordo di Giorgio Di Ponzio e dei giovani tarantini scomparsi” a causa dell’inquinamento ambientale prodotto dallo stesso stabilimento siderurgico.

Pertanto, il Tribunale di Taranto l’illegittimità del licenziamento poiché l’attacco non può che essere riferito, esclusivamente, ai protagonisti della specifica vicenda storica da cui promana la relativa rappresentazione cinematografica, ovvero agli inizi degli anni 2000.

Per tale ragione il lavoratore dovrà essere reintegrato nel posto di lavoro per insussistenza del fatto contestato.

Il Commento

Si conferma anche in questo caso la definizione di “fatto contestato” nella sua valenza giuridica. Il fatto contestato è invero insussistente e si avrà diritto ad essere reintegrati tanto nell’ipotesi in cui il fatto non si sia verificato (ad. es. non si abbia mai pubblicato il post) quanto nell’ipotesi in cui pur verificatosi il fatto materiale (pubblicare un post di critica), tale condotta non sia idonea a giustificare il licenziamento disciplinare.

Pertanto, tenendo a mente gli insegnamenti della Suprema Corte, l’esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore deve:

  1. contenersi entro i limiti del rispetto della verità oggettiva;
  2. non deve essere lesiva del decoro dell’impresa.

Altrimenti, la critica potrà essere valutata quale violazione del dovere di fedeltà a cui tutti i lavoratori sono tenuti al rispetto, come previsto dall’art. 2105 cod. civ.

Nel caso di specie, con riguardo al rispetto della verità oggettiva, il Tribunale di Taranto ha infatti valorizzato le pubblicazioni scientifiche e le inchieste della Procura della Repubblica che hanno attestato dell’incidenza dell’inquinamento prodotto dalla “vecchia gestione” ed i fenomeni oncologici sui minori tarantini.

Con riguardo invece all’esame della capacità di ledere il decoro dell’impresa, il Tribunale ha confermato che tali critiche non sarebbero rivolte all’attuale gestione della fabbrica ex Ilva, ma alla precedente gestione! Questa specifica

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Nota bene

Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale. 
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale. 

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