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Hai lavorato senza contratto?
Ti chiedi come fare per dimostrare che hai lavorato in nero?
La paura di non riuscire a dare prova del lavoro svolto o la semplice inconsapevolezza, porta ogni anno milioni di lavoratori a perdere l’opportunità di far valere i propri diritti. In tal modo, restando a guardare, si collabora purtroppo anche al propagarsi di una vera e propria piaga sociale.
Se anche tu credi che il lavoro nero vada contrastato, sappi che in questa breve guida – partendo dalla convinzione che per far valere i propri diritti bisogna prima conoscerli – ti saranno spiegati i diritti dei lavoratori in nero e le opportunità di tutela, come anche gli effettivi rischi.
In breve: in questo articolo spiegheremo come un lavoratore possa richiedere lo stipendio arretrato, i contributi ed il tfr pur non avendo sottoscritto un contratto di lavoro.
Punti Salienti
Con il termine lavoro nero si intende un rapporto di lavoro nel quale un datore di lavoro si avvale del lavoro di una persona:
Tutto ciò, a discapito del lavoratore e della sua sicurezza.
In questo video di Fanpage.it si descrivono in modo chiaro i gravissimi riflessi sociali del lavoro in nero
Si stima che in Italia il lavoro nero “produca” 78 miliardi di pil. Tali ricerche indicano in circa 3,3 milioni di persone che quotidianamente, per qualche ora o per l’intera giornata, esercitano un’attività lavorativa irregolare e priva di tutele. Un problema nazionale dai molteplici riflessi. Infatti, nelle realtà dove il lavoro in nero è maggiormente diffuso, è anche più elevato il rischio infortuni e morti sul lavoro.
Come riportato nel grafico i picchi si hanno tanto nel Sud Italia quanto in Lombardia e nel Lazio.
Una delle domande più comuni è: “se ho lavorato in nero, ho diritto alla liquidazione?”. La liquidazione, nota anche come TFR (trattamento di fine rapporto) è dovuta per legge in caso di lavoro subordinato.
Pertanto, la risposta è positiva, il lavoratore in nero ha diritto al TFR. Tuttavia, bisogna ricordare come siano dovute diverse altre voci retributive.
Nel caso in cui il lavoro in nero venga accertato in giudizio, oltre al TFR, il lavoratore ha diritto a:
L’ammontare del rimborso varia in base alle mansioni svolte ed alla durata del rapporto di lavoro e può essere correttamente determinato solo mediante dei conteggi analitici predisposti da un Consulente del lavoro.
Ferma questa premessa, per dare un’idea, si può valutare per un operaio full time circa 1.000-1.500 euro di TFR per ogni anno lavorato. Oltre a queste somme se si è ricevuto 800 euro/mese, mentre il compenso dovuto era ad esempio pari a 1.800,00 euro, la differenza tra quanto dovuto e quanto percepito in due anni di lavoro, sarà di circa 24.000 euro lordi.
Il lavoro in nero può essere denunciato in più modi.
Una prima modalità consiste nell’inviare una segnalazione alla Guardia di Finanza, compilando un esposto su modulo indicato al seguente indirizzo. Una seconda modalità consiste nel rivolgersi all’ufficio dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro, ufficio avente appunto il compito di verificare ed accertare eventuali violazioni in materia lavorativa e previdenziale.
Come segnalato nell’articolo della Gazzetta di Bologna, secondo alcuni sindacati, il controverso Green Pass potrebbe aiutare a far emergere il lavoro in nero. Invero, l’aumento dei controlli, seppur a campione, potrebbe comportare un’occasione di emersione del lavoro in nero.
Per far accertare il lavoro in nero, oltre alla prova testimoniale, lo sviluppo tecnologico ha permesso di provare il lavoro svolto tramite:
Secondo una recente pronuncia della Cassazione, la colf può registrare un video nella casa in cui lavora in nero e tali registrazioni saranno lecite e non comporteranno reato a condizione che:
Per approfondire puoi leggere anche È lecito registrare un video per provare che lavoro in nero?
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Il lavoratore che voglia far accertare il lavoro in nero, potrà rivolgersi ad uno studio legale di fiducia per inviare una lettera di diffida e messa in mora. A seguito dell’invio, il datore di lavoro potrà formulare una proposta transattiva che il lavoratore potrà valutare di accettare.
Qualora a seguito della diffida il datore di lavoro si neghi o non risponda, il lavoratore potrà presentare ricorso in Tribunale ove in prima udienza il Giudice del Lavoro formulerà a sua volta una proposta conciliativa che le parti potranno accettare o meno e di cui il Giudice potrà tener conto.
Inoltre, qualora il datore di lavoro fallisca, a tutela dei lavoratori, l’INPS ha previsto uno specifico fondo di garanzia per il TFR e, in alcune ipotesi, anche per la garanzia delle ultime 3 mensilità. Pertanto, in caso di fallimento, potrà essere l’INPS a pagare direttamente il lavoratore.
Ad ulteriore riprova del lavoro in nero, lo studio legale è in grado di incrociare i dati di localizzazione del GPS con le comunicazioni WhatsApp, permettendo così di localizzare dove il lavoratore ha svolto l’attività, in che giorno ed in quale specifico orario.
Del nostro impegno a tutela dei lavoratori ne ha parlato anche La Repubblica.
L’attività di recupero crediti promossa dal nostro studio legale si suddivide in tre fasi.
A seguito del primo appuntamento con il cliente, effettuati i conteggi da parte del consulente del lavoro e verificate le prove digitali a disposizione, si invia una lettera di diffida e messa in mora per il pagamento di quanto dovuto.
In diversi casi, per evitare il contenzioso, il datore di lavoro presenta autonomamente una offerta conciliativa.
In caso di accettazione dell’offerta, il lavoratore ed il datore di lavoro concluderanno la vicenda con una conciliazione ed il pagamento degli importi pattuiti.
Nel caso in cui il datore di lavoro non formuli una proposta di conciliazione o questa non sia ritenuta adeguata, si provvederà ad avviare un ricorso dinanzi Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro.
In prima udienza il Giudice del Lavoro, sentite le parti, formulerà una proposta conciliativa che le parti potranno accettare o meno.
Se il datore di Lavoro e/o il lavoratore non accettano la proposta, il Giudice deciderà in base ai documenti ed alle prove in giudizio.
In questo caso, risulterà fondamentale presentare adeguata prova, tra cui le prove digitali. In caso di esito positivo, si provvederà al recupero crediti nei confronti del Datore di Lavoro e a richiedere presso l’INPS la regolarizzazione dei contributi utili alla pensione.
Di quanto sin qui detto, ai clienti dello studio legale Rosetta viene sempre fornito un documento scritto a conferma ed un preventivo chiaro. Lo studio legale terrà inoltre sempre aggiornamento costante sullo stato della pratica.
Il primo appuntamento di confronto e chiarimento potrà avvenire sia presso lo studio che tramite videochiamata con WhatsApp, Skype o Microsoft Teams, senza l’esigenza di muoversi da casa.
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Nota bene
Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale.
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale.
Photo by Matt Palmer on Unsplash
1Art. 22, co. 3-quater del dlgs n. 151/2015 e art. 22 del dlgs n. 286/1998. Quest’ultima sanzione può essere inasprita dal dlgs n. 189/2002
2Cass. pen., sez. III, 5 ottobre 2007, n. 36642
3“Il Lavoro in Nero” di Michele Di Lecce e Corrado Marvasi, edito Maggioli Editore, pag. 341 e ss.
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