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La conclusione del rapporto di lavoro determina il diritto alla percezione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per l’ex dipendente.
Spesso, tuttavia, il datore di lavoro non provvede a liquidarlo. Cosa fare in questi casi?
Punti salienti
Tutti i lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, hanno diritto a percepire il TFR una volta terminato il loro rapporto di lavoro.
Le modalità con cui si è concluso il rapporto di lavoro non incidono sul diritto al TFR.
Sia in caso di licenziamento, sia in caso di dimissioni, il lavoratore avrà comunque diritto a percepire il TFR.
L’art. 2120 cod. civ. prevede, infatti, che
in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto.
Il codice civile non prevede un termine entro cui il datore di lavoro deve corrispondere il TFR all’ex dipendente.
Spesso, quindi, sono i contratti collettivi di lavoro (CCNL) a prevedere un termine.
Ad esempio, il CCNL Metalmeccanici prevede un termine di trenta giorni.
Se il datore di lavoro non provvede spontaneamente a pagare il TFR una volta terminato il rapporto di lavoro l’ex dipendente dovrà farne richiesta entro cinque anni, pena la prescrizione del diritto.
L’art. 2948 c.c. dispone infatti che
si prescrivono in cinque anni […] le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.
Due sono gli strumenti utili per conoscere l’entità del proprio TFR: le buste paga e la certificazione unica.
In alcuni casi nelle buste paga è già indicato l’ammontare esatto del TFR.
Sarà dunque sufficiente controllare l’ultima busta paga per trovare la cifra esatta del TFR.
Spesso, tuttavia, le buste paga indicano solamente quanto viene accantonato mese per mese.
In questo caso sarà necessario recuperare la certificazione unica dell’anno precedente, verificare l’importo del TFR li indicato, e sommare poi i singoli accantonamenti indicati nelle buste paga dell’anno in corso.
Nel caso in cui il datore di lavoro non provveda a pagare spontaneamente il TFR la prima cosa da fare è rivolgersi ad un avvocato.
Questi redigerà una richiesta, stragiudiziale, di pagamento del TFR.
Se il datore di lavoro non procederà comunque al pagamento del TFR entro i termini indicati dall’avvocato, allora si potrà agire giudizialmente.
L’avvocato potrà quindi presentare un ricorso per decreto ingiuntivo, dimostrando, tramite la certificazione unica e le buste paga, l’importo del TFR non pagato.
Ottenuto il decreto ingiuntivo, in caso di persistente inadempimento del datore di lavoro, si procederà a pignorare i beni del datore di lavoro per recuperare le somme dovute.
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Se non è possibile recuperare il TFR dal datore di lavoro, perché l’azienda è fallita o comunque non ha sufficienti beni da poter pignorare, il lavoratore può presentare una domanda al Fondo di Garanzia INPS.
Possono fare domanda al Fondo di Garanzia INPS tutti i lavoratori dipendenti, a tempo determinato o indeterminato, il cui rapporto di lavoro sia ormai cessato.
Per poter accedere al Fondo, tuttavia, non è sufficiente dimostrare il mancato pagamento del TFR da parte del datore di lavoro.
Se il datore di lavoro è stato dichiarato fallito, l’ex lavoratore potrà accedere al Fondo dopo che il suo credito è stato ammesso allo stato passivo del fallimento.
Nel caso in cui, invece, il datore di lavoro non sia stato dichiarato fallito, il lavoratore dovrà dimostrare di aver tentato il pignoramento dei beni del datore di lavoro.
Per accedere al Fondo è poi necessario un provvedimento formale del Tribunale che confermi tali circostanze.
Il Fondo di Garanzia INPS paga l’intero ammontare del TFR e le ultime tre retribuzioni spettanti all’ex lavoratore.
Per quanto concerne le ultime tre retribuzioni la somma massima garantita dal Fondo è pari ad € 3.500 per ciascun mese, qualora l’azione sia stata promossa entro un anno dalla chiusura del rapporto.
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Nota bene
Il presente articolo ha il solo scopo di fornire informazioni di carattere generale sulle ultime novità normative e giurisprudenziali relative ai temi trattatati dallo Studio Legale.
Di conseguenza, non costituisce un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una specifica consulenza legale.
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